mercoledì 11 gennaio 2012

Banca delle banche o Banca dei cittadini?

Sono passati poco più di due mesi dalla protesta degli “indignati”, che prese di mira - sia pure in modo simbolico - la Banca d'Italia. Vennero “presidiate” non solo la sede storica di Palazzo Koch, ma anche diverse sedi regionali, come quelle di Palermo e Trento.
Perché siamo finiti sotto lo sguardo negativo di una parte dell'opinione pubblica? Perché la Banca d'Italia viene sempre più spesso identificata come un punto di riferimento di certe caste di privilegio - “i banchieri”, “la finanza” - che poco a cuore hanno i destini dell'Italia e, nello specifico, delle giovani generazioni.
Noi non riteniamo che quella protesta avesse un fondamento reale, ma bisogna fare attenzione a non crearli ora.

Come ben noto, la crisi che ha colpito l'Italia e altri paesi europei ha diverse facce: una macroeconomica (debito pubblico stratosferico, produzione calante, tassi di interesse a carico dello Stato onerosissimi, ecc) e una più direttamente legata alla nostra vita quotidiana (imprese che chiudono, difficoltà a ricevere crediti, fasce sociali sempre più ampie imprevedibilmente sospinte verso la soglia di povertà).
Per permettere un robusto finanziamento dell'economia reale dei diversi paesi coinvolti, e indirettamente degli Stati chiamati rinnovare il debito, nel mese di dicembre la Bce ha deciso di mettere a disposizione delle banche europee cifre imponenti, pari a oltre 500 miliardi di euro, a tassi di interesse bassissimi (1%). Le banche italiane ne hanno tratti una cospicua quantità, oltre 116 miliardi, che vuol dire 230 mila miliardi di vecchie lire, ossia cinque o sei manovre "lacrime e sangue". 

Che uso ne stanno facendo? Stanno finanziando i debiti sovrani, acquistando Titoli di Stato (e lucrando sulla differenza enorme di tassi di interesse) e permettendo la riduzione robusta di quello spread che rischia di soffocare anche le migliori intenzioni di risanamento economico? Se sì, molto poco.
Stanno allora finanziando l’economia reale del Paese, consentendo finalmente il rilancio della crescita che tutti considerano necessaria per uscire dal tunnel della crisi? Neanche per sogno!
La gran parte di quei miliardi sta beatamente parcheggiata presso la stessa Bce, per “rispettare parametri di vigilanza” e come paracadute che le banche usano per se stesse al fine di evitare imprevisti sui loro conti.
In questo modo, la crisi economica trova un “moltiplicatore” proprio nel comportamento delle banche, che stringono i cordoni della borsa alle imprese che hanno costante necessità di finanziare le proprie attività. Senza accesso al mercato del credito, le imprese sono costrette a cessare l’attività, con ripercussioni su tante famiglie di lavoratori.
Per di più, le cronache quotidiane raccontano sempre più frequentemente il caso di tanti comuni cittadini che hanno difficoltà crescenti a farsi concedere prestiti e persino mutui per acquistare una casa di proprietà. E questo vale non più soltanto per chi deve affrontare il dramma della precarietà,  ma anche per normali lavoratori dipendenti, fino a pochi mesi or sono adulati e vezzeggiati dalle stesse banche ora sollecite solo nel chiudere i rubinetti.

E’ accettabile questa situazione? E’ accettabile che le banche dispongano di fondi imponenti all’1%, mentre lo Stato italiano deve finanziarsi al 7%? E’ accettabile che le imprese chiudano perché non possono contare più sulle usuali linee di credito? E’ accettabile che i cittadini italiani, che lavorano e pagano le tasse, non possano più nemmeno aspirare all’acquisto di una casa? Evidentemente no.

Il rischio palese è che certi comportamenti delle banche, dannosi per i cittadini e le imprese italiane, si riflettano in una valutazione negativa del ruolo della Banca d’Italia, legata a filo doppio agli istituti di credito italiani e alla Bce stessa.
Per questo motivo, sarebbe opportuna una presa di posizione chiara dell’Istituto. Prima che qualcuno ci torni a dire che la Banca d’Italia tutela le banche e non i cittadini-risparmiatori, diciamolo chiaro e tondo: se le banche non prestano soldi, smettono per definizione di essere banche. E andrebbero trattate per quel che si stanno dimostrando, avendo saccheggiato a sbafo i fondi della Bce.
Non vorremmo proprio che - in una circostanza tanto grave - la Banca d’Italia mostrasse un'inopinata timidezza verso "i banchieri" e "la finanza". Gli italiani non se ne dimenticherebbero.

martedì 3 gennaio 2012

Certificati medici - Si afferma l'iniziativa SIBC

Una buona notizia aiuta a iniziare meglio l’anno.
A seguito dell’iniziativa del SIBC nei confronti dei Ministeri della Salute e del Lavoro (cfr. nostra comunicazione del 30 novembre u.s.), anche “i Servizi istituzionalmente competenti” della Banca si sono mossi per risolvere la questione della certificazione medica giustificativa delle assenze per motivi di salute.

Ora, in risposta alle diverse iniziative sopra richiamate, la Federazione Nazionale Ordini Medici Chirurghi e Odontoiatri ha fatto sapere di aver diramato ai propri aderenti una specifica circolare nella quale chiarisce che, ai sensi della normativa vigente, “al personale appartenente alla Banca d’Italia deve essere rilasciato esclusivamente il certificato medico in forma cartacea. I medici convenzionati con il servizio sanitario nazionale nel caso di specie, quindi, non debbono inviare il certificato per via telematica”.

Insomma, fine della partita: spariranno quindi i numerosi casi di medici di base che si rifiutano di rilasciare certificati cartacei “tradizionali” ai dipendenti della Banca d’Italia, dal momento che la stessa Federazione dei medici ha impartito direttive chiare e non equivocabili.

Una piccola-grande vittoria per tutti i dipendenti, che d’ora in poi non avranno più bisogno di citare a memoria un decreto legislativo del 1947 (sic!!) per dimostrare al proprio medico di base di doversi avvalere del certificato cartaceo e non telematico.

Da una nostra iniziativa concreta, scaturisce quindi un risultato altrettanto concreto a beneficio di tutti i colleghi.
Buon anno a tutti, con il SIBC.