Grazie davvero per questo dialogo in esclusiva con il SIBC. In questi giorni ricorre il ventesimo anniversario della stagione di Mani pulite. Hai sempre attribuito grandissima importanza alla lotta alla corruzione, e alla criminalità economica in generale. Il tuo ultimo libro, che si intitola proprio “Mani pulite”, svela i meccanismi segreti che hanno permesso a decine, centinaia di "rappresentanti del popolo", di depredare il popolo.
Sei un po' il simbolo di questo tipo di giornalismo, visto che è praticato in Italia con molta parsimonia. Perché questa tua ossessione?
Perché questo è un problema che incide pesantemente nella vita quotidiana di tutti noi.
Nel 1992 un economista come Mario Deaglio stimò che la corruzione e le tangenti costassero al cittadino una tassa occulta equivalente a 7-8 miliardi di euro attuali. L’altro giorno la Corte dei Conti ha dato una stima di 60-70 miliardi di euro, il che vuol dire che in vent’anni il peso della corruzione si è decuplicato. L’evasione fiscale pesa poi altri 120 miliardi di euro. Chiaramente sono tutte cifre stimate, ma l’ordine di idee è impressionante, se si pensa ai sacrifici che tanti cittadini sono costretti a fare per permettere allo Stato di mettere “pezze” sopra a buchi di bilancio ben più contenuti...
Forse uno dei problemi è la latitanza del senso dello Stato...
In Italia, vige il "principio del furbo": chi prende o paga le tangenti è visto come un furbo. Altrove viene emarginato dalla società. Da noi anche certi sedicenti intellettuali sostengono che non è importante che i politici siano onesti, importa che siano efficienti. E’ incredibile come sparisca dalla discussione e dall’analisi il danno che viene fatto ai cittadini dal sistema della corruzione.
Fammi immaginare: l’obiezione sarà “ma a noi che importa? In fin dei conti la tangente la paga il corruttore”
Esatto. Peccato che la tangente non la paga veramente l'imprenditore-corruttore, la paghiamo tutti noi in termini di costi gonfiati delle opere pubbliche. Abbiamo migliaia di esempi sotto gli occhi, basta pensare alle opere per il G8 alla Maddalena che sono costate quasi il doppio della cifra inizialmente preventivata (poi non si è nemmeno più fatto il G8 alla Maddalena, ma questo è un altro discorso). Se in Italia costruire un chilometro di alta velocità costa 4 volte in più rispetto alla Germania, e ci si impiega il quadruplo del tempo, è naturale che in Italia ci troviamo un quarto delle infrastrutture della Germania, no?
Però ammetterai che la corruzione esiste anche in tanti altri Paesi dell’Occidente!
Noi abbiamo due tratti distintivi. Il primo è quello del “livello quantitativo” della corruzione, che da noi raggiunge punte davvero patologiche.
Il secondo è la propensione a delinquere delle classi dirigenti. In qualunque Paese europeo tu vada, i più alti tassi di criminalità li trovi tra gli ultimi, tra i disperati delle periferie dei grandi centri metropolitani, da noi sono altissimi in Parlamento e nei consigli di amministrazione dei principali gruppi imprenditoriali...
Sei il solito esagerato...
Dici? Quando c’è l’emergenza stupri, si alzano le pene per gli stupratori, quando c’è l’emergenza incendi, si alzano le pene per i piromani, mi spieghi perché quando c’è un’emergenza colossale come quella della corruzione si abbassano le pene e si depenalizzano i reati?
A occhio e croce, per lo stesso motivo per cui in Italia la prescrizione, a differenza della stragrande maggioranza dei Paesi, non si interrompe all’avvio del processo, ma continua a correre mandando a monte una valanga di processi.
Esatto, il che spiega come mai nella sola città di Torino ci siano più avvocati che in tutta la Francia. E' un intero sistema costruito per permettere ai colletti bianchi di cavarsela.
E poi, visto che è notizia di questi giorni, citiamo il presidente tedesco Wulff che si è dimesso per aver ottenuto un prestito agevolato da una banca e aver chiesto a un giornale di non parlarne. Il presidente del Paese più importante d’Europa si è dimesso per questo, è questo il vero spread tra Italia e Germania: non è un spread finanziario, è uno spread etico!
Quasi quasi, quest’intervista la mandiamo pure a Draghi. Infatti, proprio in un intervento sul tuo giornale, il procuratore di Milano Francesco Greco ha ironizzato sulla lettera famosa della BCE firmata da Trichet e Draghi, la scorsa estate. Greco si domanda perché Draghi e Trichet non abbiano “messo al primo posto la lotta alla criminalità economica, questa enorme zavorra che, oltre ai danni che fa all’economia e allo sviluppo, inquina tutto il tessuto politico, culturale e civile. In una parola: la nostra democrazia”. Perché?
Greco declinava ulteriormente la domanda. Ossia, si chiedeva se Draghi e Trichet non abbiano citato la lotta alla corruzione e all’evasione “perché la danno per scontata, come una precondizione di esistenza di uno Stato democratico, oppure perché per loro non conta?” Sarei tentato di escludere che per loro non conti. Ma in entrambi i casi, poiché noi sappiamo - come ci dicevamo prima - che quello è il vero fardello che opprime la vita economica, politica e democratica, abbiamo il dovere di occuparcene. Ora, visto che il ritornello dei nostri politici è “ce lo chiede l’Europa”, perché siamo l’unico Paese in Europa che non ha recepito la Convenzione di Strasburgo del ‘99 sulla corruzione, pur avendola sottoscritta?
Dimmelo tu, è meglio.
Non abbiamo un sistema che si può permettere certe leggi. Pensa che l’Italia è l’unico Paese in Europa in cui non esiste il reato di corruzione fra privati, ossia quella del manager che deruba la sua azienda affidando le forniture non all’azienda migliore, ma a quella che gli paga le stecche.
Si dirà, come prima: “è un problema dell’azienda”. Neanche per sogno: l’azienda sopporta costi alla lunga insostenibili, per cui è costretta a chiudere o a licenziare. La corruzione fra privati è punita ovunque tranne che in Italia. In Italia la corruzione, per essere reato, deve essere commessa da un pubblico ufficiale... E’ un danno per tutto il sistema economico! Poi ci si lamenta della mancanza di investimenti in Italia...
Qui ti sbagli! Guarda che è l’articolo 18 a mettere in fuga gli investimenti!
Come no?! A me non importa se sia un governo di destra, di sinistra, di centro, di tecnici o di marziani: un governo che vuole “salvare l’Italia” e “sviluppare l’Italia” deve partire dalla lotta alla corruzione e all'evasione. Altro che articolo 18.
Veniamo a temi più vicini alla Banca d’Italia. Le organizzazioni criminali dimostrano una grande capacità di rinnovarsi, di trovare sempre nuove forme per sfuggire alle autorità di controllo: magistratura, Guardia di Finanza, UIF. Al tempo stesso, il legislatore adegua gli strumenti di controllo con eccessiva lentezza, e così facendo la rincorsa è sempre più difficile.
Quello che dici è vero, e quello che dicevamo prima è una bella fetta del problema. La criminalità si integra, si ramifica, si espande e si organizza. Si evolve. Le mafie realizzano affari grazie ai servizietti di commercialisti, palazzinari, direttori di banca, funzionari pubblici, politici, magistrati. A me non sembra che chi combatte la criminalità economica e quella organizzata disponga di un ventaglio analogo di possibilità, in termini di integrazione, organizzazione, innovazione.
Insomma, le leggi mancano, le istituzioni di controllo faticano, il problema è: che fare?
Lo diceva il procuratore Greco nell’intervista al Fatto Quotidiano che tu stesso citavi. Organismi e convenzioni internazionali chiedono agli Stati una capacità organizzativa in grado di combattere efficacemente la criminalità economica e finanziaria. Invece in Italia ciascuno va per la sua strada, senza coordinamento: Forze dell’ordine, Agenzia delle Entrate, Consob, Banca d’Italia e UIF. Quest’ultimo riceve le segnalazioni di operazioni sospette dagli intermediari finanziari e le trasmette alla Gdf: alle Procure, delle 50 mila segnalazioni inviate nel 2011 dall’UIF, ne sono arrivate poche decine, quasi tutte in odore di evasione, elusione e frode, quasi nessuna di riciclaggio. Manca anche la preparazione...
Il giudice Caselli ha dichiarato al convegno del SIBC del 2011 “Tutti i giorni esprimiamo delle eccellenze sul piano investigativo per quanto riguarda la prova penale, cioè la prova per stabilire la responsabilità delle persone, non sempre questa eccellenza si riscontra nella capacità di cercare i flussi finanziari da reperire e da assicurare alla giustizia.” Per risolvere il problema, proponeva di creare una "Scuola superiore di formazione contro la criminalità finanziaria". Secondo noi sarebbe una grande cosa.
Sicuramente sarebbe utilissima, cosa si aspetta a realizzarla? E un minuto dopo andrei persino oltre. Un’Autorità di coordinamento dei vari organismi statali preposti a lottare contro la criminalità finanziaria è necessaria per superare le gelosie reciproche, armonizzare le competenze, favorire lo scambio di informazioni e far sì che chiunque scopra notizie di reato sia obbligato a girarle subito alla magistratura.
Integrare le conoscenze, le diverse “specializzazioni”, anche a livello territoriale, permetterebbe un vero salto di qualità. Lo facciamo, questo salto di qualità, o per piccole gelosie o interessi di vario tipo preferiamo sempre fare i passi del gambero?
Dalle parole qui riportate, supportate anche da autorevoli interventi di magistrati come Gian Carlo Caselli e Francesco Greco, appare chiara l'inadeguatezza complessiva dell'apparato legislativo e del coordinamento organizzativo per contrastare la criminalità finanziaria.
L'istituzionalizzazione di un maggior raccordo fra le diverse autorità di controllo rappresenta un tassello essenziale per meglio analizzare e monitorare i comportamenti di chi è in grado di usare procedure assai sofisticate per sfuggire ai controlli di legge.
E' noto che solo una conoscenza approfondita dei fenomeni criminali consente di rendere efficaci le relative azioni di contrasto.
E' facile immaginare l'importanza - anche in tal senso - di una presenza diffusa sul territorio, come nel caso delle rappresentanze della Banca d'Italia. La sistematica segnalazione di fenomeni indicatori di potenziale malaffare, da convogliare in una banca-dati comune fra i vari organismi pubblici preposti al controllo del rispetto delle leggi, è solo uno dei tanti esempi possibili.
Attraverso questo dialogo, vogliamo quindi rilanciare la concreta possibilità di appropriarci, ancora di più, della nostra vera missione istituzionale: al servizio dei milioni di cittadini onesti di questo Paese.
Saper innovare, continuando a rispettare i valori fondanti del nostro lavoro, farà sì che la Banca d'Italia sia sempre percepita come Istituzione di eccellenza: lontana dai ministeri, lontana dai partiti, rispettata da tutti i cittadini.
E' interesse di noi tutti che sia così.
Perché questo è un problema che incide pesantemente nella vita quotidiana di tutti noi.
Nel 1992 un economista come Mario Deaglio stimò che la corruzione e le tangenti costassero al cittadino una tassa occulta equivalente a 7-8 miliardi di euro attuali. L’altro giorno la Corte dei Conti ha dato una stima di 60-70 miliardi di euro, il che vuol dire che in vent’anni il peso della corruzione si è decuplicato. L’evasione fiscale pesa poi altri 120 miliardi di euro. Chiaramente sono tutte cifre stimate, ma l’ordine di idee è impressionante, se si pensa ai sacrifici che tanti cittadini sono costretti a fare per permettere allo Stato di mettere “pezze” sopra a buchi di bilancio ben più contenuti...
Forse uno dei problemi è la latitanza del senso dello Stato...
In Italia, vige il "principio del furbo": chi prende o paga le tangenti è visto come un furbo. Altrove viene emarginato dalla società. Da noi anche certi sedicenti intellettuali sostengono che non è importante che i politici siano onesti, importa che siano efficienti. E’ incredibile come sparisca dalla discussione e dall’analisi il danno che viene fatto ai cittadini dal sistema della corruzione.
Fammi immaginare: l’obiezione sarà “ma a noi che importa? In fin dei conti la tangente la paga il corruttore”
Esatto. Peccato che la tangente non la paga veramente l'imprenditore-corruttore, la paghiamo tutti noi in termini di costi gonfiati delle opere pubbliche. Abbiamo migliaia di esempi sotto gli occhi, basta pensare alle opere per il G8 alla Maddalena che sono costate quasi il doppio della cifra inizialmente preventivata (poi non si è nemmeno più fatto il G8 alla Maddalena, ma questo è un altro discorso). Se in Italia costruire un chilometro di alta velocità costa 4 volte in più rispetto alla Germania, e ci si impiega il quadruplo del tempo, è naturale che in Italia ci troviamo un quarto delle infrastrutture della Germania, no?
Però ammetterai che la corruzione esiste anche in tanti altri Paesi dell’Occidente!
Noi abbiamo due tratti distintivi. Il primo è quello del “livello quantitativo” della corruzione, che da noi raggiunge punte davvero patologiche.
Sei il solito esagerato...
Dici? Quando c’è l’emergenza stupri, si alzano le pene per gli stupratori, quando c’è l’emergenza incendi, si alzano le pene per i piromani, mi spieghi perché quando c’è un’emergenza colossale come quella della corruzione si abbassano le pene e si depenalizzano i reati?
A occhio e croce, per lo stesso motivo per cui in Italia la prescrizione, a differenza della stragrande maggioranza dei Paesi, non si interrompe all’avvio del processo, ma continua a correre mandando a monte una valanga di processi.
Esatto, il che spiega come mai nella sola città di Torino ci siano più avvocati che in tutta la Francia. E' un intero sistema costruito per permettere ai colletti bianchi di cavarsela.
E poi, visto che è notizia di questi giorni, citiamo il presidente tedesco Wulff che si è dimesso per aver ottenuto un prestito agevolato da una banca e aver chiesto a un giornale di non parlarne. Il presidente del Paese più importante d’Europa si è dimesso per questo, è questo il vero spread tra Italia e Germania: non è un spread finanziario, è uno spread etico!
Quasi quasi, quest’intervista la mandiamo pure a Draghi. Infatti, proprio in un intervento sul tuo giornale, il procuratore di Milano Francesco Greco ha ironizzato sulla lettera famosa della BCE firmata da Trichet e Draghi, la scorsa estate. Greco si domanda perché Draghi e Trichet non abbiano “messo al primo posto la lotta alla criminalità economica, questa enorme zavorra che, oltre ai danni che fa all’economia e allo sviluppo, inquina tutto il tessuto politico, culturale e civile. In una parola: la nostra democrazia”. Perché?
Greco declinava ulteriormente la domanda. Ossia, si chiedeva se Draghi e Trichet non abbiano citato la lotta alla corruzione e all’evasione “perché la danno per scontata, come una precondizione di esistenza di uno Stato democratico, oppure perché per loro non conta?” Sarei tentato di escludere che per loro non conti. Ma in entrambi i casi, poiché noi sappiamo - come ci dicevamo prima - che quello è il vero fardello che opprime la vita economica, politica e democratica, abbiamo il dovere di occuparcene. Ora, visto che il ritornello dei nostri politici è “ce lo chiede l’Europa”, perché siamo l’unico Paese in Europa che non ha recepito la Convenzione di Strasburgo del ‘99 sulla corruzione, pur avendola sottoscritta?
Dimmelo tu, è meglio.
Non abbiamo un sistema che si può permettere certe leggi. Pensa che l’Italia è l’unico Paese in Europa in cui non esiste il reato di corruzione fra privati, ossia quella del manager che deruba la sua azienda affidando le forniture non all’azienda migliore, ma a quella che gli paga le stecche.

Qui ti sbagli! Guarda che è l’articolo 18 a mettere in fuga gli investimenti!
Come no?! A me non importa se sia un governo di destra, di sinistra, di centro, di tecnici o di marziani: un governo che vuole “salvare l’Italia” e “sviluppare l’Italia” deve partire dalla lotta alla corruzione e all'evasione. Altro che articolo 18.
Veniamo a temi più vicini alla Banca d’Italia. Le organizzazioni criminali dimostrano una grande capacità di rinnovarsi, di trovare sempre nuove forme per sfuggire alle autorità di controllo: magistratura, Guardia di Finanza, UIF. Al tempo stesso, il legislatore adegua gli strumenti di controllo con eccessiva lentezza, e così facendo la rincorsa è sempre più difficile.
Quello che dici è vero, e quello che dicevamo prima è una bella fetta del problema. La criminalità si integra, si ramifica, si espande e si organizza. Si evolve. Le mafie realizzano affari grazie ai servizietti di commercialisti, palazzinari, direttori di banca, funzionari pubblici, politici, magistrati. A me non sembra che chi combatte la criminalità economica e quella organizzata disponga di un ventaglio analogo di possibilità, in termini di integrazione, organizzazione, innovazione.
Insomma, le leggi mancano, le istituzioni di controllo faticano, il problema è: che fare?
Lo diceva il procuratore Greco nell’intervista al Fatto Quotidiano che tu stesso citavi. Organismi e convenzioni internazionali chiedono agli Stati una capacità organizzativa in grado di combattere efficacemente la criminalità economica e finanziaria. Invece in Italia ciascuno va per la sua strada, senza coordinamento: Forze dell’ordine, Agenzia delle Entrate, Consob, Banca d’Italia e UIF. Quest’ultimo riceve le segnalazioni di operazioni sospette dagli intermediari finanziari e le trasmette alla Gdf: alle Procure, delle 50 mila segnalazioni inviate nel 2011 dall’UIF, ne sono arrivate poche decine, quasi tutte in odore di evasione, elusione e frode, quasi nessuna di riciclaggio. Manca anche la preparazione...
Il giudice Caselli ha dichiarato al convegno del SIBC del 2011 “Tutti i giorni esprimiamo delle eccellenze sul piano investigativo per quanto riguarda la prova penale, cioè la prova per stabilire la responsabilità delle persone, non sempre questa eccellenza si riscontra nella capacità di cercare i flussi finanziari da reperire e da assicurare alla giustizia.” Per risolvere il problema, proponeva di creare una "Scuola superiore di formazione contro la criminalità finanziaria". Secondo noi sarebbe una grande cosa.
Sicuramente sarebbe utilissima, cosa si aspetta a realizzarla? E un minuto dopo andrei persino oltre. Un’Autorità di coordinamento dei vari organismi statali preposti a lottare contro la criminalità finanziaria è necessaria per superare le gelosie reciproche, armonizzare le competenze, favorire lo scambio di informazioni e far sì che chiunque scopra notizie di reato sia obbligato a girarle subito alla magistratura.
Integrare le conoscenze, le diverse “specializzazioni”, anche a livello territoriale, permetterebbe un vero salto di qualità. Lo facciamo, questo salto di qualità, o per piccole gelosie o interessi di vario tipo preferiamo sempre fare i passi del gambero?
(dialogo curato da Alberto Antonetti)
L'istituzionalizzazione di un maggior raccordo fra le diverse autorità di controllo rappresenta un tassello essenziale per meglio analizzare e monitorare i comportamenti di chi è in grado di usare procedure assai sofisticate per sfuggire ai controlli di legge.
E' noto che solo una conoscenza approfondita dei fenomeni criminali consente di rendere efficaci le relative azioni di contrasto.
E' facile immaginare l'importanza - anche in tal senso - di una presenza diffusa sul territorio, come nel caso delle rappresentanze della Banca d'Italia. La sistematica segnalazione di fenomeni indicatori di potenziale malaffare, da convogliare in una banca-dati comune fra i vari organismi pubblici preposti al controllo del rispetto delle leggi, è solo uno dei tanti esempi possibili.
Attraverso questo dialogo, vogliamo quindi rilanciare la concreta possibilità di appropriarci, ancora di più, della nostra vera missione istituzionale: al servizio dei milioni di cittadini onesti di questo Paese.
Saper innovare, continuando a rispettare i valori fondanti del nostro lavoro, farà sì che la Banca d'Italia sia sempre percepita come Istituzione di eccellenza: lontana dai ministeri, lontana dai partiti, rispettata da tutti i cittadini.
E' interesse di noi tutti che sia così.
LA SEGRETERIA NAZIONALE S.I.B.C.
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