martedì 27 novembre 2012

Produttività: la solitudine dei lavoratori




Mentre i cosiddetti partiti politici sono occupati a discutere di primarie, secondarie, organigrammi e rottamazioni, moniti e leggi elettorali, i cosiddetti tecnici portano avanti indisturbati un programma di progressivo smantellamento delle tutele dei lavoratori italiani. 
Prima la riforma Fornero, con la quale il Governo dei tecnici ha fatto cassa instaurando in Italia uno dei più restrittivi sistemi previdenziali dell’Europa;  poi la ferita gravissima, inferta all’articolo 18 e alla possibilità per il lavoratore - licenziato senza giusta causa - di essere reintegrato sul proprio posto di lavoro.

Ora, l’accordo cosiddetto sulla “produttività”, che parti sociali e Governo hanno firmato mercoledì scorso (con la più che condivisibile opposizione della Cgil nazionale) rimette indietro di 150 anni le lancette della storia. 
Ancora una volta, si spaccia per “produttività” quella che nei fatti è solo “compressione dei diritti dei lavoratori”, il cui silenzio si immagina di “comprare” con la promessa illusoria di una minore tassazione per i premi di produttività (valida solo per chi ha redditi inferiori a 30 o 40 mila euro). E guai per quei lavoratori che non vivono in ambienti sindacalmente ben presidiati come il nostro, tutelato anche da normative internazionali non derogabili!

Alcuni esempi: “Le parti ritengono necessario che la contrattazione collettiva si eserciti, con piena autonomia, su materie oggi regolate in maniera prevalente o esclusiva dalla legge”. La legge - come noto - serve a difendere i deboli da un’altra legge: quella del più forte. Invece, i sindacati firmatari di cotanto accordo scelgono di vedersela con i padroni, liberamente, senza che la legge intralci il libero dispiegarsi dei rapporti di forza su materie come l’orario di lavoro e il cosiddetto demansionamento, che oggi il codice civile, cioè le leggi, semplicemente vieta.

Ancora: su questioni delicate come gli aumenti salariali, gli orari, le mansioni e la videosorveglianza, si sposta il baricentro dal contratto collettivo nazionale alla contrattazione aziendale. Indebolendo, necessariamente, quanto già conquistato fino a oggi collettivamente e spogliando di ogni garanzia tutti coloro che, tra l'altro, non riusciranno mai a fare una contrattazione aziendale.

Terzo e ultimo step: secondo le regole contrattuali la tutela del potere di acquisto delle retribuzioni avveniva «sulla base dell'Ipca (l'indice dei prezzi al consumo), depurato dalla dinamica dei prezzi dei beni energetici importati». Ad essi si aggiungeva «il recupero degli eventuali scostamenti» tra «l'inflazione prevista e quella reale». Un indice già molto criticabile (e criticato) perché non tiene conto dell’inflazione derivante dal caro-petrolio - e quanto avvenuto in questi anni insegna...
Il nuovo accordo riesce a peggiorare anche questo, rendendo meno automatico il meccanismo. Si dice infatti che il contratto nazionale «avendo l'obiettivo mirato di tutelare il potere d'acquisto delle retribuzioni, deve rendere la dinamica degli effetti economici, definita entro i limiti fissati dai principi vigenti, coerente con le tendenze generali dell'economia, del mercato del lavoro, del raffronto competitivo internazionale e gli andamenti specifici del settore».
In pratica: aumenti pari all'Ipca non sono più garantiti (e neanche i recuperi) se le condizioni economiche generali e/o settoriali non lo consentono.

Di fatto, aumenta sempre più quella che Giorgio Airaudo chiama «la solitudine dei lavoratori». Abbandonati dalla politica, spogliati di diritti e persino della rappresentanza collettiva liberamente scelta, ciascuno per sé, spinto a individuare la controparte non più nel “padrone” ma nel suo compagno di lavoro con il quale competere - e vincerà chi sarà disposto a consegnarsi integralmente a chi rivendica la proprietà del suo corpo e della sua mente. 

Una visione neofeudale della dignità del lavoro, alla quale il SIBC esprime la più totale estraneità, lontananza, opposizione. Senza se e senza ma!

giovedì 22 novembre 2012

Programmazione delle promozioni e regolarizzazione dei "contrattisti"


Egregio Governatore,
il Sindacato Indipendente Banca Centrale è da anni impegnato nel perseguire la massima trasparenza nella gestione del personale da parte dell’Amministrazione della Banca d’Italia.
Una battaglia sulla carta assai agevole, dal momento che la  Banca d’Italia sarebbe obbligata a ispirare le proprie scelte alla massima efficienza e oggettività, e per questo non dovrebbe temere il vaglio “trasparente” delle Organizzazioni Sindacali, di ogni lavoratore e persino del “mondo esterno”.
Nei fatti, tuttavia, la ricerca di trasparenza trova ostacoli irragionevoli e ingiustificabili su argomenti che riguardano l’intero personale. Pensiamo alle gratifiche super-segrete della dirigenza (quelle dei Funzionari sono talmente basse che vengono tranquillamente rese pubbliche, gli altri non le hanno proprio). Pensiamo ai criteri attitudinali per l’avanzamento del personale nei concorsi interni. Pensiamo ai meccanismi discriminatori di ripartizione dell’offerta formativa, sui quali L’abbiamo recentemente invitata a un intervento.
Pensiamo, anche, alla iniqua opacità che avvolge - quasi fosse un segreto di Stato -  la programmazione delle promozioni dei Dirigenti, a dispetto di quanto avviene per ogni altro grado, in occasione dell’illustrazione degli organici previsti per l’anno successivo.
Non Le sfuggirà che si tratta di una questione di trasparenza fondamentale per un Istituto come il nostro, troppo spesso oggetto di attenzioni non benevole dall’esterno. Quale giustificazione potrebbe essere data, a fronte di una ribadita volontà di tenere segreti numero e posizioni delle promozioni programmate per i gradi più elevati, quando la Banca d’Italia stessa è tanto minuziosa sulle promozioni per gradi di minore rilevanza nella scala gerarchica?
Ci aspettiamo da Lei un cambiamento, proprio sul terreno della trasparenza. La reticenza sulla pianta organica e sulle promozioni programmate della dirigenza rappresentano un elemento di grave debolezza per l’Istituto e per tutto il personale, a ogni livello gerarchico.
Quale sarebbe il motivo di riproporre questa incomprensibile opacità?
Il malcontento che farebbe seguito alla diffusione e alla comparazione delle percentuali rispetto agli altri gradi, compresi i “direttivi non dirigenti”? Se tale malcontento sarà ingiustificato, sarà facile farlo comprendere.
O perché non è possibile sapere in anticipo fin dove “bisognerà scendere” in graduatoria per promuovere che si è già deciso che sia promosso?
Il SIBC non ritiene che questa situazione sia più tollerabile.
Il SIBC chiede pertanto - al fine di una trasparente gestione del personale - che in occasione della prossima informativa sugli organiciprevisti per l’anno 2013, la Banca renda noto il dettaglio delle posizioni previste in organico per singolo grado, anche della compagine dei Dirigenti, al pari di quanto già avviene per Funzionari e “altri non Direttivi”.
Analogamente, andrà fornito il numero delle promozioni che la Banca ha in programma per ciascuno dei cosiddetti “gradi superiori”, al pari di quanto già avviene per Funzionari e “altri non Direttivi”, posizioni gerarchiche di assai più ridotto contenuto funzionale.
***
Analogamente, trasparenza ed equità vorrebbero che venisse data regolarizzazione della posizione lavorativa di tutte le colleghe e i colleghi impegnati in Banca.
Il “personale a contratto” è parte integrante di queste colleghe e questi colleghi, chiamati in una molteplicità di situazioni a svolgere ruoli in tutto e per tutto “istituzionali”: nel campo della salute e della sicurezza, nella gestione degli archivi, nella cura del tempo libero dei dipendenti.
Sul punto, con nota del 17 luglio u.s., l’Amministrazione aveva assunto un preciso impegno, preannunciando un concreto riscontro sulla questione, che era “all’attenzione delle Strutture competenti... non appena concluse le analisi in corso”.
A distanza di quattro mesi da quella dichiarazione, ancora nulla è dato sapere circa gli intendimenti dell’Amministrazione. Un ritardo difficilmente giustificabile per una questione di evidente iniquità nei confronti di lavoratori che prestano quotidianamente servizio assieme a tutti gli altri dipendenti a ruolo della Banca d’Italia.
Cogliamo l’occasione per inviarLe distinti saluti.

Roma, 21 novembre 2012
                                                                         p. LA SEGRETERIA NAZIONALE

giovedì 15 novembre 2012

Quote rosa


Egregio Governatore,

il Consiglio dei Ministri ha approvato in via definitiva il regolamento sulle «quote rosa» nei consigli di amministrazione e di controllo delle società pubbliche costituite in Italia.
Si ha presente, in proposito, che la Legge 120 del 2011 aveva già stabilito che - nei consigli di amministrazione e nei collegi sindacali delle società quotate in mercati regolamentati - almeno un terzo dei membri dovesse appartenere «al genere meno rappresentato».
L’articolo 3 della legge citata estendeva, inoltre, la disciplina sulla parità di accesso agli organi di amministrazione e di controllo anche alle società pubbliche costituite in Italia, previa definizione di un regolamento attuativo.
Ora, l’approvazione di tale regolamento da parte del Consiglio dei Ministri dà piena attuazione alla legge, anche per quanto attiene le società pubbliche italiane. Lo strumento individuato è la modifica dei propri statuti per assicurare l’equilibrio tra i generi. L’equilibrio si considera raggiunto quando il genere meno rappresentato all’interno dell’organo amministrativo o di controllo ottiene almeno un terzo dei componenti eletti.
La Banca d’Italia, in casi assai meno meritevoli di questo, ha fatto mostra di particolare “zelo” nell’importare norme giuridicamente non vincolanti per l’Istituto, ma ritenute essenziali per “dare l’esempio”, “tenere conto del mondo che cambia” e altre motivazioni della specie.
Riteniamo non sia immodesto, da parte nostra, rammentare quanto scrivemmo già lo scorso 11 giugno: “E’ di pochi giorni fa la Relazione del Governatore, in cui si affermava con granitica sicurezza: ‘Evidenze internazionali mostrano i possibili benefici di una maggiore partecipazione femminile al mercato del lavoro, nelle posizioni di vertice, nelle amministrazioni’.”
Ecco, oltre alle ‘evidenze internazionali’ ora abbiamo anche le ‘norme nazionali’
Condivisibile o meno che sia lo strumento delle “quote rosa”, esso rappresenta ora un parametro di riferimento esistente nell’ordinamento giuridico italiano, che stride non poco con una situazione di “monocolore maschile” nel direttorio, di un “monocolore maschile” fra i funzionari generali, e con la presenza di sole 4 donne (quattro) fra le prime 66 posizioni funzionali (sessantasei). 
Solo esempi di quanto avviene anche a livelli ben più bassi della scala gerarchica.
Chiediamo pertanto un Suo autorevole intervento in materia, che come in altre circostanze auspichiamo rivolto al rinnovamento e non alla conservazione di un passato ormai stantio e desueto.
Cogliamo l’occasione per inviarLe distinti saluti.
Roma, 13 novembre 2012
                                                                                     LA SEGRETERIA NAZIONALE

lunedì 12 novembre 2012

I Sindacati e la "ricreazione" (finita)


In un Paese che perde fiducia nelle Istituzioni, nei Partiti, negli organismi di rappresentanza, cosa accade ai Sindacati? Accade che sono colpiti anch’essi da una crescente sfiducia, in parte perché i tradizionali strumenti di contrasto rispetto al “ datore di lavoro” non pongono più davvero in difficoltà la controparte (ad esempio, lo sciopero); in parte perché diversi sindacalisti fanno del loro meglio per screditare la funzione che sono chiamati a svolgere.

E’ di poche settimane fa la notizia di un’inchiesta - rivelata dal Corriere della Sera - secondo la quale la CISL, sindacato dominante nell’AMA, municipalizzata romana dei rifiuti – avrebbe messo in piedi “un sistema di potere fondato su un tariffario per gli avanzamenti di carriera” (sic!), al quale avrebbero poi partecipato anche altre sigle sindacali. Secondo il Corriere, si tratterebbe di “qualcosa di inimmaginabile: «tariffe» legate a promesse di avanzamenti di carriera, chieste ai lavoratori dal sindacato dominante nella municipalizzata rifiuti, la Cisl. Con un prezzario di massima: 250 euro per salire dal 4° al 5° livello, 350 per arrampicarsi dal 6° al 7°, 500 euro tondi per inerpicarsi fino all'8°, a un passo dalla posizione di quadro.” Prezzi modici, insomma.

A gestire l’intero sistema sarebbe proprio il segretario della Fit-CISL, che è anche - nientemeno - che il presidente del CRAL, il Circolo Ricreativo aziendale dell’Ama (l’equivalente del nostro CASC), che avrebbe “beneficiato” anche di diramazioni in altre aziende “para-pubbliche” come la società Multiservizi, controllata al 51% dalla municipalizzata dei rifiuti, dove la moglie del dirigente CISL & presidente CRAL era stata recentemente assunta in part time a 30 ore e uno stipendio di 2.200 euro mensili.

La Procura romana ha anche acceso i riflettori sull'affidamento di 250.000 euro pubblici ai vertici del CRAL, il “dopo-lavoro”, per la ristrutturazione di un importante centro sportivo nella capitale. Scrive il Corriere: “I fondi, gestiti in prima persona dal presidente del CRAL (CISL) e dall'amministratore (dato in partenza dalla Cgil per la CISL) non sono andati a buon fine: dopo l'affidamento ad alcune ditte della ristrutturazione dei 6 campi di calcio e calcetto, palestra, spogliatoi e bar-ristorante, il Cral ha rinunciato”. Non tutti i Circoli Ricreativi riescono col buco. O meglio: c’è buco e buco.

Tutto da provare, certo. Nel frattempo, lo stesso Bonanni ha messo da parte le persone più coinvolte nello scandalo, per evitare un coinvolgimento eccessivo della confederazione. Resta però il dato di partenza: se i cittadini perdono fiducia nelle Istituzioni, se i lavoratori perdono fiducia nei Sindacati, non dipende da un abbaglio collettivo. Dipende dai comportamenti di chi sfrutta Istituzioni, Partiti, Sindacati, per fini personali.

Siccome noi del SIBC proprio non ce la facciamo a essere “come tutti gli altri” (né facciamo il minimo sforzo per esserlo) ci siamo dotati da quasi due anni di un Codice Etico che i nostri dirigenti (compresi i consiglieri CASC!) sono tenuti a rispettare, e che sarà inserito nuovo Statuto che vedrà la luce con il Congresso SIBC di fine mese.
Contro la crisi di fiducia verso le Istituzioni, i Partiti, i Sindacati, qualcuno demonizza chiunque osi criticare Istituzioni, Partiti, Sindacati.
Noi no. Noi preferiamo andarecontrotendenza, adottando comportamenti positivi. Il futuro ci dirà chi avrà avuto ragione.

martedì 6 novembre 2012

Previ-Generali d'Italia


Al Capo del Servizio P.I.N.E.

Di seguito alla nostra nota del 10 ottobre u.s., sempre più numerose e circostanziate denunce pervengono alla scrivente Segreteria da colleghi che lamentano l’applicazione di una doppia franchigia per “ciclo di cura” da parte della Previgen, laddove il ciclo di cura coinvolga sia la parte “base” dell’assistenza sanitaria (accertamenti di c.d. alta diagnostica), sia la parte “plus” (es: visite specialistiche). Non sfuggirà ad alcuno che si tratta della più diffusa casistica di “ciclo di cura”, e che una simile interpretazione vanificherebbe in molti casi l’adesione alla “plus”.

Come ben noto a codesta Amministrazione, l’accordo raggiunto con i Sindacati firmatari nel luglio 2011 - da cui scaturì la gara d’appalto europea conclusasi dopo ben 12 mesi, con l’avvio della nuova copertura sanitaria Previgen - prevedeva che l’assicurato fosse tenuto a pagare una sola franchigia per ciclo di cura, ossia per prestazioni collegate e connesse alla stessa patologia.

A fronte della condotta della società vincitrice dell’appalto, il SIBC ritiene indispensabile che l’Amministrazione della Banca d’Italia, contraente per conto e nell’interesse del personale, faccia chiarezzasula questione. In particolare:
- se codesta Amministrazione ritiene che la Previgen stia violando il contratto, chiediamo quali iniziative urgenti abbia assunto finora per evitare danni economici diffusi fra il personale in servizio e in quiescenza della Banca d’Italia;
- se viceversa l’Amministrazione, in sede di successiva stesura degli accordi con Previgen-Generali, ha modificato “unilateralmente” l’accordo con i Sindacati, il SIBC ritiene che tale gravissima violazione degli accordi da parte della Banca vada sanata con una immediata variazione integrativa del contratto, ovvero con l’immediato e integrale “accollo” del costo della “opzione plus”, che molti colleghi hanno sottoscritto nella convinzione di coprire eventuali “cicli di cura”, esattamente negli stessi termini in cui ciò avveniva quando il “ciclo di cura” era coperto dalla polizza Caspie (fino al 2009).

Come scrivemmo un mese fa, “tutti i colleghi hanno diritto a un celere e definitivo riscontro”. Purtroppo, la celerità non appare connotare codesta Amministrazione, nemmeno quando si tratta di tematiche socialmente delicate, legate alla salute delle persone.
Ci affidiamo quindi alla più materiale sensibilità della Bancain relazione alla propria precisa “responsabilità contrattuale”, e la diffidiamo dal ritardare ancora la necessaria chiarezza sulla vicenda.

Distinti saluti.

Roma 6 novembre 2013
LA SEGRETERIA NAZIONALE

lunedì 5 novembre 2012

Il SIBC per la Formazione. Diritto di tutti, non privilegio di pochi. Lettera al Governatore.


Egregio Governatore,

tra gli aspetti più importanti sui quali il SIBC è impegnato, e proprio per questo intende richiamare la Sua attenzione, figura certamente la gestione della formazione del personale della Banca d’Italia.
Molte segnalazioni ci sono pervenute negli ultimi mesi, per riferire situazioni di clamorosa, ingiustificata difformità nell’offerta formativa ai colleghi.
E’ appena il caso di sottolineare che tali iniquità comportano inaccettabili discriminazioni del personale sotto un duplice punto di vista:
·  prospettico, in quanto viene pregiudicata la parità fra colleghi in termini di opportunità di accrescimento professionale e - di conseguenza - adeguatezza a più elevati incarichi lavorativi;
·   attuale, in quanto la formazione ha spesso una valenza retributiva indiretta, con la conseguente alterazione - in alcuni casi in misura assai rilevante - dell’equilibrio stipendiale fra colleghi aventi pari grado, anzianità, ecc..

Inspiegabilmente, la formazione risulta in molti casi addirittura assente, specie fra colleghi non più giovanissimi ma che ancora molti anni di lavoro devono dedicare alla Banca d’Italia. Si tratta spesso, è bene precisarlo, anche di colleghi coinvolti in importanti riorganizzazioni, non soltanto di tipo “territoriale” ma anche di tipo “funzionale”. Ciò comporta danni sia ai colleghi, sia alla Banca che disperde importanti professionalità in nome di riorganizzazioni di non certa utilità.

Fra i più giovani, al contrario, l’offerta formativa è più diffusa, ma si riscontrano allo stesso modo disomogeneità che - essendo prive di qualsivoglia motivazione - si traducono in gravi e perduranti iniquità fra colleghi aventi uguali diritti.
Esistono in proposito innumerevoli esempi, sia fra dipendenti di diverso grado, sia fra colleghi pari grado, tali da coinvolgere ogni livello della scala gerarchica.
Basti pensare agli Assistenti e ai Vice Assistenti, “scientificamente” assunti con elevatissima qualificazione professionale e titoli di studio superiori rispetto ai requisiti di assunzione per i singoli gradi, abbandonati nel giro di pochi anni al loro destino di “paria”, nelle Filiali più sperdute come nei palazzi nobili dell’Amministrazione Centrale. A loro, la Banca in moltissimi casi non riserva corsi, non riserva progetti formativi, ovvero elemosina piccoli momenti formativi per lo più “online”, basati su materie che riproducono e perpetuano un crescente, ingiustificabile depauperamento professionale ai loro danni.
Ma grave appare il disequilibrio formativo anche nell’ambito dei Coadiutori e dei Funzionari.
Troppo grande la differenza fra la formazione riservata ai Coadiutori borsisti e i c.d. “Coadiutori interni”.
Troppo grande la differenza fra la formazione riservata ai borsisti “Stringher”, “Mortara” e “Menichella” rispetto ai comuni mortali, compresi i Coadiutori esterni.
Troppo grande – e inaccettabile – la differenza fra Coadiutori borsisti, a parità di anno e concorso di assunzione, a seconda del Servizio o della Filiale a cui vengono assegnati.

Differenze, ribadiamo, che risultano particolarmente gravi perché rappresentano il presupposto di una spiccata menomazione dell’equità nelle opportunità dei percorsi di carriera.
Con quale coerenza la Banca si arroga il diritto di decidere chi merita di “passare di grado”, se negli anni precedenti ha consentito all’uno di approfondire, studiare e partecipare a numerose iniziative ed esperienze “professionalizzanti”, mentre l’altro - a parità di grado, anzianità, preparazione professionale di partenza, qualità del lavoro: a parità di tutto – è stato costretto a lavori dequalificanti e spesso di scarsa rilevanza?

Il sistema dei concorsi interni, che il SIBC ha più volte criticato perché inadatto a far emergere le altissime e assai diffuse professionalità presenti in Banca, trova nella iniquità del trattamento formativo un condizionamento non eliminabile e suscettibile di provocare gravi danni motivazionali interni e reputazionali esterni.

Non Le sfuggirà, inoltre, che un sistema privo di equilibrio e rigidamente privo di trasparenza si presta a essere oggetto di forme di comune malcostume, da parte di dirigenti e responsabili locali della formazione che facilmente potrebbero utilizzare tale potere in maniera spregiudicata, quando non spregevole, promettendo formazione e/o incarichi a colleghi più vicini, anche in cambio - absit iniuria verbis! - di adesioni sindacali.
Grave sarebbe il danno per la reputazione dell’Istituto.

***

Al fine di scongiurare simili ipotesi, il SIBC considera obiettivo prioritario garantire parità di trattamento a tutti i colleghi. A tal fine, rivestono carattere di necessità e urgenza seri e concreti interventi correttivi nell’attuale iniquo sistema formativo.

A tal fine, andranno previsti percorsi con un più elevato grado di standardizzazione che tenga conto:
-     delle mansioni concretamente svolte (ad es. per i coadiutori borsisti analisti di vigilanza),
-     del backgroundindividuale (es.: laurea economica/giuridica/altro),
-   dell’opportunità di garantire a tutti ulteriori sbocchi professionali, rendendo più efficaci gli investimenti in formazione e i percorsi formativi istituzionalizzati.
La presenza di percorsi strutturati e definiti su aspetti fondamentali dal “centro” contribuirebbe a rendere omogenee caratteristiche essenziali (quali numero delle ore e delle iniziative formative, tipologia /interna/esterna, in Italia/all’estero), evitando il rischio che la struttura di assegnazione del lavoratore, che ha interesse (miope) a trattenere presso di sé ogni valida risorsa, ponga ostacoli alla partecipazione dei colleghi alle diverse iniziative formative.
Un rischio, ci consenta di sottolinearlo, particolarmente concreto in una struttura anacronisticamente gerarchica, quale quella della Banca d’Italia.

L’incarico di responsabile della formazione deve essere reputato - dalla Banca stessa - incarico di alto livello. Al tempo stesso, l’efficienza e l’efficacia del suo svolgimento va sottoposto alla valutazione delle colleghe e dei colleghi interessati.
Ciò al fine di stabilire un principio ineludibile: il raggiungimento di obiettivi formativi uniformi per il personale, a prescindere dalla collocazione lavorativa, è un elemento prioritario nella gestione del personalee di fondamentale importanza per il futuro della Banca. Come in ogni caso, l’assolvimento di alte responsabilità deve essere associato a valutazione e conseguenze.

Il SIBC ritiene inammissibile, e fondamentalmente oltraggiosa, l’assimilazione - che molte Direzioni propongono, anche in sede di incontri semestrali con i rappresentanti sindacali – fra la formazione esterna, spesso addirittura all’estero e in primari organismi internazionali, e le ore dedicate alla formazione online sulla propria postazione lavorativa o con le riunioni addestrative della formazione di base.

E’ necessario che il c.d. budget, in termini di ore e in termini di “spesa” pro capite, sia il più possibile equo e equilibrato, al fine di non disperdere e svilire il vero patrimonio della Banca d’Italia.

Il vero patrimonio della Bancaè infatti il suo personale, assunto al termine di concorsi molto selettivi, dotato di elevatissimi livelli di preparazione a tutti i livelli operativi, spesso sotto-utilizzato nelle concrete mansioni che è chiamato a svolgere.
Sarebbe irresponsabile che gli strumenti a disposizione della Banca per una costante crescita professionale delle colleghe e i colleghi fossero limitati nel tempo (solo i primi anni di lavoro) e nella platea interessata (solo alcuni gradi, di alcuni Servizi e di alcune Filiali).

Certi che Ella non vorrà sostenere che la formazione all’interno della compagine del personale risponde già oggi a criteri di equità, trasparenza e funzionalità (nel qual caso, siamo pronti a dimostrarLe l’esatto contrario), il Sindacato Indipendente chiede di conoscere quali interventi intenda disporre per raggiungere obiettivi fondamentali per il futuro del personale, per il bene della nostra Istituzione, per il rispetto della nostra storia.

Cogliamo l’occasione per inviarLe distinti saluti.

 Roma, 31 ottobre 2012
                                                                        p. LA SEGRETERIA NAZIONALE