Egregio Governatore,
il Consiglio dei Ministri ha approvato in via definitiva il regolamento sulle «quote rosa» nei consigli di amministrazione e di controllo delle società pubbliche costituite in Italia.
Si ha presente, in proposito, che la Legge 120 del 2011 aveva già stabilito che - nei consigli di amministrazione e nei collegi sindacali delle società quotate in mercati regolamentati - almeno un terzo dei membri dovesse appartenere «al genere meno rappresentato».
L’articolo 3 della legge citata estendeva, inoltre, la disciplina sulla parità di accesso agli organi di amministrazione e di controllo anche alle società pubbliche costituite in Italia, previa definizione di un regolamento attuativo.
Ora, l’approvazione di tale regolamento da parte del Consiglio dei Ministri dà piena attuazione alla legge, anche per quanto attiene le società pubbliche italiane. Lo strumento individuato è la modifica dei propri statuti per assicurare l’equilibrio tra i generi. L’equilibrio si considera raggiunto quando il genere meno rappresentato all’interno dell’organo amministrativo o di controllo ottiene almeno un terzo dei componenti eletti.
La Banca d’Italia, in casi assai meno meritevoli di questo, ha fatto mostra di particolare “zelo” nell’importare norme giuridicamente non vincolanti per l’Istituto, ma ritenute essenziali per “dare l’esempio”, “tenere conto del mondo che cambia” e altre motivazioni della specie.
Riteniamo non sia immodesto, da parte nostra, rammentare quanto scrivemmo già lo scorso 11 giugno: “E’ di pochi giorni fa la Relazione del Governatore, in cui si affermava con granitica sicurezza: ‘Evidenze internazionali mostrano i possibili benefici di una maggiore partecipazione femminile al mercato del lavoro, nelle posizioni di vertice, nelle amministrazioni’.”
Ecco, oltre alle ‘evidenze internazionali’ ora abbiamo anche le ‘norme nazionali’.
Condivisibile o meno che sia lo strumento delle “quote rosa”, esso rappresenta ora un parametro di riferimento esistente nell’ordinamento giuridico italiano, che stride non poco con una situazione di “monocolore maschile” nel direttorio, di un “monocolore maschile” fra i funzionari generali, e con la presenza di sole 4 donne (quattro) fra le prime 66 posizioni funzionali (sessantasei).
Solo esempi di quanto avviene anche a livelli ben più bassi della scala gerarchica.
Chiediamo pertanto un Suo autorevole intervento in materia, che come in altre circostanze auspichiamo rivolto al rinnovamento e non alla conservazione di un passato ormai stantio e desueto.
Cogliamo l’occasione per inviarLe distinti saluti.
Roma, 13 novembre 2012
LA SEGRETERIA NAZIONALE
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